mercoledì 26 settembre 2018

Tendere alla perfezione cristiana

In materia così delicata è necessario usare la maggior precisione possibile. È certo che bisogna e che basta morire in stato di grazia per salvarsi; pare quindi che non ci sia per i fedeli altro obbligo stretto che quello di conservare lo stato di grazia. Ma la questione sta appunto qui: sapere se si può conservare per un tempo notevole lo stato di grazia senza sforzarsi di progredire. Ora l'autorità e la ragione illuminata dalla fede ci mostrano che, nello stato di natura decaduta, non si può restare a lungo nello stato di grazia senza sforzarsi di progredire nella vita spirituale e di praticare di tanto in tanto alcuni dei consigli evangelici.

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I molteplici motivi che possono stimolare i semplici fedeli a tendere alla perfezione, si riducono a tre principali: 1° Il bene dell'anima; 2° la gloria di Dio; 3° l'edificazione del prossimo.

1° Il bene dell'anima è prima di tutto la sicurezza dell'eterna salute, la moltiplicazione dei meriti, e finalmente la gioia della coscienza.

A) L'opera grande che dobbiamo compiere sulla terra, l'opera necessaria, anzi, a dir vero, l'unica necessaria, è di salvarci l'anima. Se la salviamo, quand'anche perdessimo tutti i beni della terra, parenti, amici, riputazione e ricchezze, tutto è salvo; perchè riavremo centuplicato in cielo tutto ciò che abbiamo perduto, e lo riavremo per tutta l'eternità. Ora il mezzo più efficace per assicurarci l'eterna salute è di tendere alla perfezione, ognuno secondo il proprio stato; quanto più ciò facciamo con senno e costanza, tanto più ci allontaniamo dal peccato mortale che solo può dannarci: è chiaro infatti che, quando uno sinceramente si sforza di divenire più perfetto, schiva per ciò stesso le occasioni di peccato, fortifica la volontà contro gli agguati che ci attendono al varco, e, venuto il momento della tentazione, la volontà, già agguerrita dallo sforzo verso la perfezione e abituata a pregare per assicurarsi la grazia di Dio, respinge con orrore il pensiero del peccato grave: potius mori quam fœdari. Chi invece si permette tutto ciò che non è peccato grave, s'espone a cadervi quando si presenterà una lunga e violenta tentazione; abituato a cedere al piacere nelle cose meno gravi, c'è da temere che, trascinato dalla tentazione, finisca col soccombervi, come chi costeggia continuamente l'abisso finisce col precipitarvi. Per essere sicuri di non offendere gravemente Dio, il mezzo migliore è d'allontanarsi dall'orlo del precipizio, facendo più di quel che è comandato e sforzandosi di progredire verso la perfezione; quanto maggiore è la prudenza e l'umiltà con cui vi si tende, tanto maggiore è la sicurezza dell'eterna salute.

B) Così si accrescono pure ogni giorno i gradi di grazia abituale che si possedono e i gradi di gloria a cui si ha diritto. Abbiamo visto infatti che ogni sforzo soprannaturale, fatto per Dio, da un'anima che è in stato di grazia, le procura un aumento di meriti. Chi non si dà pensiero della perfezione e compie il proprio dovere con maggiore o minore noncuranza, acquista ben pochi meriti [...]. Ma chi tende alla perfezione e si sforza di progredire, ne acquista un gran numero; accresce quindi ogni giorno il suo capitale di grazia e di gloria, e i suoi giorni sono pieni di meriti: ogni sforzo è ricompensato da un aumento di grazia sulla terra e più tardi da un peso immenso di gloria nel cielo; "æternum gloriæ pondus operatur in nobis!".

C) Chi voglia godere un poco di felicità sulla terra, non vi è di meglio che la pietà: "la pietà, dice S. Paolo, giova a tutto avendo promessa della vita presente e della futura: pietas autem ad omnia utilis est, promissionem habens vitæ quæ nunc est et futuræ". La pace dell'anima, il gaudio della buona coscienza, la fortuna di essere uniti a Dio, di progredire nel suo amore, di giungere a una sempre maggiore intimità con Nostro Signore: ecco alcune delle ricompense che Dio largisce fin di quaggiù ai fedeli suoi servi, in mezzo alle prove, con la gioconda speranza della beatitudine eterna.

2° La gloria di Dio. Nulla di più nobile che il procurarla, nulla di più giusto, se richiamiamo ciò che Dio ha fatto e fa continuamente per noi. Ora un'anima perfetta dà a Dio maggior gloria di mille anime ordinarie: moltiplica infatti ogni giorno gli atti d'amore, di riconoscenza, di riparazione, e dirige in questo senso tutta la vita con l'offerta spesso rinnovata delle azioni ordinarie, glorificando così Dio da mane a sera.

3° L'edificazione del prossimo. Per far del bene attorno a noi, per convertire qualche peccatore o incredulo e confermare nel bene le anime vacillanti, non vi è nulla di più efficace dello sforzo che si fa per meglio praticare il cristianesimo: se la mediocrità della vita attira sulla religione le critiche degli increduli, la vera santità ne eccita l'ammirazione per una religione che sa produrre tali effetti: "dal frutto si giudica l'albero: ex fructibus eorum cognoscetis eos". L'apologetica migliore è quella dell'esempio, quando vi si sa unire la pratica di tutti i doveri sociali. Ed è pure ottimo stimolo per i mediocri, che s'addormenterebbero nella tiepidezza se il progresso delle anime fervorose non li scotesse dal loro torpore.

È una ragione che molte anime oggi capiscono: in questo secolo di proselitismo, i laici intendono meglio di prima la necessità di difendere e di propagare la fede con la parola e con l'esempio. Spetta ai sacerdoti di assecondare questo movimento, formandosi attorno una schiera di valorosi cristiani che, non appagandosi d'una vita mediocre e volgare, si studino di progredire ogni giorno più nell'adempimento dei loro doveri; doveri religiosi prima di tutto ma anche doveri civili e sociali. Saranno ottimi collaboratori che, penetrando in posti poco accessibili ai religiosi e ai sacerdoti, li asseconderanno efficacemente nella pratica dell'apostolato.




[Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932), trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista - Desclée & Co., 1928]